Pierpaolo Capovilla legge Majakovskij: ERESIA

Mercoledì 9 Giugno
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Biglietto in cassa 15€
Inizio ore 21:00

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A novant’anni dal suicidio del poeta, il verso majakovskijano, quasi fosse una profezia distopica, riesce ancora ad impressionare e sorprendere, per la sua forza rivoluzionaria, certo, ma anche per la straordinaria indagine del e nel privato dell’autore, che ispeziona i più minuti dettagli del travaglio affettivo dell’agitatore politico. E mai nella sua poesia privato e pubblico si scindono, perché parti dialettiche di un unico mondo e di un’unica società, nella combutta futurista per un avvenire socialista, nel segno dell’uguaglianza e della giustizia, della fratellanza umana e della vicinanza fra i popoli.
Leggere oggi Majakovskij, enunciarlo, è come cadere dalle scale. È un ruzzolone improvviso e gravido di conseguenze. Il verso majakovskijano, rissoso e collerico, amorevole e intimissimo, è un esercizio parresiastico senza precedenti, ma in questo caso la “parresia”, l’arte socratica di dire il vero di fronte al tiranno, si fa rivolta rivoluzionaria, grido di speranza, proclamazione eretica di un mondo a venire.
E così mi ritrovai, una dozzina di anni or sono, mentre mi lasciavo scivolare nella sfiducia e nel cinismo che contraddistinguono i nostri tempi, improvvisamente in un moto interiore di fede politica. Il socialismo, appunto, era rinato nel cuore, e con esso l’ambizione di vivere quella fede nella quotidianità.
Majakovskij ti invita, ti prega, ti ordina di aprire gli occhi, di scrutare la realtà, di agire per cambiarla. Il suo poetare è insieme laico e cristiano, e in questo connubio celebra il matrimonio ecumenico degli opposti, la sintesi hegeliana fra animismo e teoria critica.
In questo momento del decorso storico, nella fase discendente del sistema capitalistico, quel sistema che ci vuole tutti schiavi dell’ordinario, intrappolati nelle assurdità quotidiane dell’individualismo, in una condizione apocalittica di guerra e sopraffazione incessanti, la poesia di Majakovskij è una “preghiera a Buddha, che del negro sul padrone affila il coltello”. È un invito perentorio a non arrendersi di fronte alle circostanze, e proprio oggi, a due virgola cinque minuti alla mezzanotte, ci esorta a cambiare rotta, prima che sia troppo tardi.

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